Difficile pensare che il piccolo borgo di Città della Pieve potesse avere qualche liasons con la storia di Casa Savoia, eppure questo breve racconto cercherà di farvi addentrare nel fitto intrigo degli amori di corte da cui tutto è partito.
Si narra che nella lontana Torino risorgimentale preunitaria, colui che sarebbe diventato, di lì a poco, primo Re d'Italia, Vittorio Emanuele II, alla Ragion di Stato soleva preferire le ragioni del cuore.
Era noto come il Padre della Patria, ma forse pochi sanno che tale appellativo gli fu attribuito anche in senso ironico.
Vittorio Emanuele II, infatti, ebbe così tante amanti da aver con ogni probabilità figli sparsi in ogni dove. La più importante, di certo la più amata, come rivelano le lettere a lei scritte dal Re, fu Rosa Vercellana, meglio conosciuta come la Bela Rosin. Giovane figlia del tamburo maggiore dell'esercito reale, la conobbe a Racconigi nel 1847, regnante Carlo Alberto, quando lui aveva 27 anni e Rosa appena 14. Fisicamente, però, Rosa ne dimostrava almeno 20: aveva forme giunoniche e una femminilità prorompente, lunghi capelli castano-scuri e una vistosa frangetta.
Vittorio si innamorò della sua bellezza sana e abbondante, era la sua donna ideale. A casa, intanto, lo aspettava la magra e pallida Maria Adelaide, sposa paziente che sopportò negli anni tutte le infedeltà del Re cacciatore, senza mai ribellarsi. Da Rosina, Vittorio si toglieva la corona e si infilava le ciabatte; con lei mangiava bagnacaoda, lumache, pollo con le cipolle e tajarin con il tartufo, che la Vercellana gli preparava personalmente.
Tra i due nacque una relazione che sfidò critiche, etichetta e differenza di casta e dalla quale nacquero Vittoria nel 1848 ed Emanuele nel 1851. I figli avuti da Rosa ebbero in Vittorio Emanuele un padre affettuoso, che li seguì ed aiutò anche da adulti; più volte il re cercò di farli accettare come eredi legittimi, ma con scarso successo.
Fu così che dopo la morte della Regina nel 1855, sposò la Bela Rosin con rito religioso, che non consentirà, però, a Rosa di diventare regina.
Sposa morganatica, dunque, fu nominata anche Contessa di Mirafiori e Fontanafredda e con lo stesso decreto il Re assegnò ai figli avuti da lei il cognome di Guerrieri. .