Castelluccio Palusse

Storia di amori, infedeltà e passione...

Castello Palusse Città della Pieve Legato alla storia privata della casata Savoia, Castelluccio Palusse nacque grazie ad una storia d'amore che ha continuato a raccontare nei secoli facendola sopravvivere al passare del tempo.

La storia di Castelluccio Palusse è legata a quella di Vittoria Guerrieri, figlia illegittima di re Vittorio Emanuele II che fin dal 1800 fu protagonista delle cronache Pievesi. Non sappiamo per quale motivo Vittoria scelse proprio Città della Pieve ma sappiamo che fu proprio lei a far costruire il castello. Sposata, per volere del padre, con il Marchese Filippo Spinola, nel 1885 fuggì nei pressi di Città della Pieve con il suo amante Paolo De Simone, di 12 anni più giovane, acquistando la tenuta e il borgo di Salci dalla famiglia Bonelli.

Prossima al borgo, era un'antica casa colonica che fece ristrutturare e trasformò in un castello neogotico, poi divenuto il Castello di Salci.Successivamente si trasferì a Città della Pieve e fece costruire Castelluccio Palusse. Nella tenuta Vittoria iniziò ad allevare cavalli puro sangue ma anche bovini e altri animali, impiantò una produzione di pasta alimentare e coltivò piante esotiche, seguì i suoi sogni finché, purtroppo non cadde in disgrazia. La sua storia è comunque sopravvisuta al tempo e vive ancora in Castelluccio Palusse.

Difficile pensare che il piccolo borgo di Città della Pieve potesse avere qualche liasons con la storia di Casa Savoia, eppure questo breve racconto cercherà di farvi addentrare nel fitto intrigo degli amori di corte da cui tutto è partito.

Si narra che nella lontana Torino risorgimentale preunitaria, colui che sarebbe diventato, di lì a poco, primo Re d'Italia, Vittorio Emanuele II, alla Ragion di Stato soleva preferire le ragioni del cuore.
Era noto come il Padre della Patria, ma forse pochi sanno che tale appellativo gli fu attribuito anche in senso ironico.
Vittorio Emanuele II, infatti, ebbe così tante amanti da aver con ogni probabilità figli sparsi in ogni dove. La più importante, di certo la più amata, come rivelano le lettere a lei scritte dal Re, fu Rosa Vercellana, meglio conosciuta come la Bela Rosin. Giovane figlia del tamburo maggiore dell'esercito reale, la conobbe a Racconigi nel 1847, regnante Carlo Alberto, quando lui aveva 27 anni e Rosa appena 14. Fisicamente, però, Rosa ne dimostrava almeno 20: aveva forme giunoniche e una femminilità prorompente, lunghi capelli castano-scuri e una vistosa frangetta.

Vittorio si innamorò della sua bellezza sana e abbondante, era la sua donna ideale. A casa, intanto, lo aspettava la magra e pallida Maria Adelaide, sposa paziente che sopportò negli anni tutte le infedeltà del Re cacciatore, senza mai ribellarsi. Da Rosina, Vittorio si toglieva la corona e si infilava le ciabatte; con lei mangiava bagnacaoda, lumache, pollo con le cipolle e tajarin con il tartufo, che la Vercellana gli preparava personalmente.
Tra i due nacque una relazione che sfidò critiche, etichetta e differenza di casta e dalla quale nacquero Vittoria nel 1848 ed Emanuele nel 1851. I figli avuti da Rosa ebbero in Vittorio Emanuele un padre affettuoso, che li seguì ed aiutò anche da adulti; più volte il re cercò di farli accettare come eredi legittimi, ma con scarso successo.
Fu così che dopo la morte della Regina nel 1855, sposò la Bela Rosin con rito religioso, che non consentirà, però, a Rosa di diventare regina.

Sposa morganatica, dunque, fu nominata anche Contessa di Mirafiori e Fontanafredda e con lo stesso decreto il Re assegnò ai figli avuti da lei il cognome di Guerrieri. .

E fu proprio Vittoria Guerrieri, figlia illegittima del re e della Bela Rosin, ad essere protagonista delle cronache pievesi di fine '800. Anche la sua vita, come quella del più famoso padre, fu costellata da numerose infedeltà coniugali e fu proprio Città della Pieve, scelta non si sa per quale strano motivo, che Vittoria eleggerà come proprio rifugio d'amore.

Sposata, per volere del padre, con il Marchese Filippo Spinola, nel 1885 fuggì nei pressi di Città della Pieve con il suo amante Paolo De Simone, di 12 anni più giovane, acquistando la tenuta e il borgo di Salci dalla famiglia Bonelli.

Prossima al borgo, era un'antica casa colonica che fece ristrutturare e trasformò in un castello neogotico, poi divenuto il Castello di Salci. Successivamente, problemi finanziari, la costrinsero alla vendita e si trasferì più vicina a Città della Pieve, in un palazzo in Via Garibaldi e nella villa “ Rosetta “ nel viale dei Cappuccini. Poco dopo fece costruire non distante dalle mura pievesi un castelluccio neogotico che prese il nome di "Palusse", vezzeggiativo piemontese con cui veniva chiamato da Vittoria il suo compagno Paolo.
Nella tenuta, Vittoria, si mise ad allevare cavalli di puro sangue, bovini, suini, pecore; impiantò stabilimenti per la produzione della pasta alimentare, del sapone e delle candele, coltivava piante esotiche, gettando le basi per un colossale crac finanziario, che qualche anno dopo puntualmente avvenne.

Sommersi dalle ipoteche e braccati dai creditori, all'inizio del'900, Vittoria e Paolo cedettero il Castelluccio all'onorevole Mazza, parlamentare romano, si trasferirono a Roma in un modesto appartamento in Piazza Esedra e con il poco denaro di cui disponevano, Paolo aprì in via del Viminale “ Il Premiato Stabilimento di Floricoltura Palusse “, un negozio di fiori e sementi. Qui la coppia visse quasi in miseria fino al 1905 quando Vittoria morì di polmonite e Paolo si suicidò. I nipoti di Vittoria Guerrieri, fino a non molti anni fà, hanno vissuto a Città della Pieve e nel locale cimitero esiste la loro tomba di famiglia.

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